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Bruxelles: i Trust portano il cuore del gioco nel campo del Parlamento europeo

Il cuore del gioco.

Una formula romantica e fortemente evocativa per definire quale sia il ruolo dei tifosi e quanto grande la loro centralità nel calcio. Perché al di là di tutte le trasformazioni, e delle modernizzazioni vere o presunte che il calcio sta affrontando, rimane una verità che nemmeno gli alchimisti dell’alta finanza applicata al pallone si sognerebbero di negare: che senza i tifosi il calcio non esisterebbe. Né come fenomeno popolare né tantomeno come businesss –e del resto non vi sarebbe il business se non sussistesse il fenomeno popolare. Su questo assunto si basa il ricco documento presentato mercoledì Supporters Direct Europe presso la sede del Parlamento Europeo.

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La struttura di proprietà e gestione dell’Amburgo secondo il Supporters Trust del club tedesco

Il titolo del documento è, appunto, The heart of the game. E il sottotitolo specifica ulteriormente il contenuto di questo position paper,dicitura utilizzata per etichettare un documento di carattere strategico: «Why supporters are vital to improving the governance in football».
E proprio l’idea che il miglioramento della governance dei club calcistici si ottenga soltanto attraverso il coinvolgimento dei suoi tifosi è da sempre un punto fermo della filosofia di Supporters Direct, un’agenzia fondata in Inghilterra e presto diventata un punto di riferimento in ambito europeo per tutte le compagini di tifosi in cerca d’un modello collaudato per avviare esperimenti d’accesso alla governance dei club.
Presentato in occasione di un Launch Debates, uno di quei dibattiti che si tengono a pranzo mescolando convivialità e scambio d’idee, il position paper elabora una serie di linee guida sulle quali le autorità politiche e sportive europee vengono sollecitate a lavorare per favorire una maggiore partecipazione dei tifosi.

Tali linee guida hanno a che fare con sei specifiche aree di criticità:

  • la governance europea del calcio (riferita sia alle leghe che ai singoli club), alla quale necessitano dei gradi maggiori di equilibrio e trasparenza;
  • la sostenibilità finanziaria di club e leghe; la funzione sociale che i club dovrebbero esercitare presso le loro comunità, e che invece viene sempre più spesso dimenticata;
  • il sistema dei trasferimenti dei calciatori attraverso il mercato, che nell’ultimo quindicennio è diventato sempre più controverso a causa dello strapotere degli agenti e dell’operare di enti opachi come i fondi d’investimento o di formule opache come quella della third party ownership (ossia, la proprietà di un calciatore da parte di un attore che non è né il suo club né il calciatore stesso);
  • la piaga delle partite truccate (match fixing), che costituisce lo sviluppo più nefasto della globalizzazione calcistica;
  • e infine la questione riguardante la discriminazione e la violenza, fenomeni dei quali le frange più radicali delle tifoserie si fanno portatrici, ma di cui si sono registrate espressioni sempre più frequenti sui campi da gioco e a opera deicalciatori stessi.

 

La discussione sul position paper è stata introdotta dall’eurodeputato belga Ivo Belet, componente del gruppo popolare e da tempo impegnato sul fronte dell’analisi e della legislazione sul tema. Fu lui a firmare nel 2007 un rapporto intitolato «Il futuro del calcio professionistico in Europa», che costituisce un documento di riferimento per la riflessione sullo sport a livello comunitario, così come lo è il più recente rapporto intitolato «La dimensione europea dello sport» curato dall’europarlamentare Santiago Fisas. Che è un altro componente del gruppo popolare. E bisognerebbe chiedersi come mai l’eurosinistra continui a essere latitante su questi temi, come se continuassero a agire pregiudizi ormai fuori tempo massimo.

Il dibattito ha visto il coinvolgimento di David Lampitt (direttore generale di Supporters Direct), di William Gaillard (direttore della comunicazione Uefa e ascoltatissimo consigliere di Michel Platini), Christian Müller (amministratore delegato della Dinamo Dresda) e Emanuel Macedo de Medeiros (presidente dell’European Professional Football Leagues, l’associazione che riunisce le leghe professionistiche europee).

Quest’ultimo, consapevole di rappresentare l’anello più debole della struttura istituzionale del calcio europeo, si è sforzato di minimizzare la portata della crisi attraversata dal calcio europeo in questi anni. E francamente da lui non sarebbe stato lecito aspettarsi altro.