Immaginate di svegliarvi di buon’ora un sabato mattina a Roma o a Napoli. Cosa avreste fatto con i venticinque gradi di una bella giornata di inizio settembre? Noi quattro, amici di lunga data, in vacanza per il fine settimana a Berlino, decidiamo di andare allo stadio per seguire una partita di calcio di serie B. Giocano due squadre speciali, entrambe cooperative sportive, le cui tifoserie esprimono uno stile “working class” noto in tutta Europa: il Sankt Pauli amburghese e l’Eisern Union (“Unione di Acciaio”), club storico della ex Germania a est. L’unico paragone nostrano possibile, sportivamente e politicamente parlando, sarebbe un Ternana-Crotone oppure un Cittadella-Juve Stabia. Eppure, i biglietti sono esauriti da due settimane e le speranze di poter riuscire ad entrare nello stadio sono ridotte al lumicino. Ma fortunatamente non siamo né a Roma, dove sarebbe stata necessaria tessera del tifoso e carta di credito, tanto meno a Napoli, dove non sarebbe bastato qualche contatto nei quartieri spagnoli per avere un biglietto.
Dopo una tipica colazione berlinese, a base di caffè nero (l’eterno nemico dell’espresso, il famoso “bibitone”), wurstel e uova fritte, lasciamo Alexanderplatz (piazza centrale della capitale) alla volta dello stadio “Vecchia Forestale”, piazzato in uno sconfinato polmone verde, in uno dei più caratteristici quartieri della vecchia Berlino Est, il Kopenicki. Il tragitto è di oltre 20 chilometri ed è sorprendentemente singolare: sulla grandissima Karl Marx Allee (direzione est, Mosca), osserviamo le costruzioni dello stile sovietico “post bellico”, diverse palestre sportive, il Cineforum “Internazionale” e il palazzo “Mockba”, divenuti oggi veri e propri luoghi di culto non solo per i turisti. Raggiungiamo il parco di Treptow, dove l’Armata Rossa custodisce il suo mausoleo che ricorda la liberazione della città, passando tra ex fabbriche dismesse, case disabitate e monolocali riadattati, in una Berlino che pochi conoscono, pezzo di città viva e fortunatamente ancora non piegata dalle speculazioni edilizie post unificazione.
Il sabato mattina ultras e tifosi normali si dirigono a piedi o con il tram verso il parco di Kopenicki. Tuttavia, nell’ultima parte del viaggio, il nostro sogno berlinese sfuma quando, ai lati della strada, spuntano i manifesti di Gregor Gisy (cofondatore della “Linke” tedesca) che ci riportano alla realtà delle prossime elezioni politiche nazionali. Le previsioni indicano la pallida Merkel in cima alle preferenze e la Spd in emorragia di voti, con una Linke che invece guadagna consensi di settimana in settimana. Secondo le stime potrebbe aggiudicarsi oltre 60 seggi, di cui tre a Berlino Est ed uno proprio a Kopenicki.
Raggiungiamo lo stadio alle 11,30, il match è programmato alle 13. Qui incontriamo i “pirati” tifosi del Sankt Pauli gomito a gomito con i “proletari” del club di casa, ma l’atmosfera non è né tesa né movimentata. Tutt’altro, tant’è che le forze di polizia potrebbero tranquillamente andare a farsi una passeggiata nel parco, perché oggi nello stadio si respira armonia e puro entusiasmo calcistico. Scorgiamo un anziano socio dell´Unione che con un organetto a manovella suona l´inno del S.Pauli. Immaginatevi a un derby romano un tifoso laziale che canta “Roma Roma Roma, core de sta città..”.
In tribuna stampa, mi siedo accanto a Massimo, grande conoscitore sportivo e politico di questa Berlino, da noi soprannominato “Lider Maximo”, a causa della fiammante maglia con la scritta “Cuba”. Molti tifosi lo conoscono e gli vanno incontro per salutarlo e stringergli la mano. Gli altri nostri due compagni, Antonia e Nicola, vanno invece nella curva dedicata ai fans del S.Pauli. Terreno in ottime condizioni e stadio invidiabilmente gremito in ogni ordine di posti, come avrebbe decretato il mitico Sandro Ciotti: ventiduemila spettatori, compresi gli oltre tremila tifosi del S.Pauli, che però sono sparsi anche nelle tribune e addirittura, udite-udite, nella curva degli unionisti!
Viene suonato l’inno dell’Unione, tutto lo stadio è in piedi a cantare, con un’emozione palpabile, la canzone di Nina Hagen, famosa punk tedesca che nel 1992 scrisse per la sua cooperativa calcistica la canzone “Rock”, prima di andare a cantare con i Ramones. Tutto è pronto, si parte e, dopo soli ventotto secondi, il S.Pauli va in vantaggio con il goal più veloce del campionato. I pirati assiepati in curva vanno fuori di testa mentre noi in tribuna stampa siamo costretti ad esultre in maniera più sommessa. Non facciamo in tempo a rimetterci seduti che Bartels calcia una palla a girare che finisce esattamente nel “sette”, un gol alla Del Piero, portando il S.Pauli sul due a zero.
E’ festa allo stadio, i pirati sono tutti in piedi ma cantano anche i tifosi berlinesi, che non smettono mai di sostenere la squadra sotto di due gol. Suonano i tamburi stonati ed assordanti, le bandiere sventolano alte degne dello spirito sportivo “d’acciaio” dell’Unione. Il possesso palla continua ad essere prevalentemente degli amburghesi, ma al 39esimo all’improvviso i “proletari” accorciano le distanze, grazie a un calcio rigore. Finisce così il primo tempo, in tribuna parte la corsa a rifocillarsi.
Durante la pausa ci accorgiamo che i bicchieri di plastica della birra portano disegni e con motivi di Andy Warhol. Les Freek c´est chic. Leggiamo il giornale ufficiale della cooperativa che pubblica un fumetto irridente contro i servizi di sicurezza tedeschi, cosa inimmaginabile nelle nostre curve, ma qui siamo a Kopenicki, (ex) Germania Est. Nel secondo tempo la partita cambia faccia e l’Eisern Union comincia un lungo assedio alla porta del S.Pauli, costruendo un’occasione dopo l’altra. Pali e salvataggi miracolosi del portiere di Amburgo, Tschnauer, inchiodano il risultato fino al sessantesimo, quando l’Unione pareggia con un colpo di testa. Ma non è finita qui: a quattro minuti dalla fine, un altro colpo di testa porta in vantaggio i berlinesi. Al triplice fischio finale, i pirati del S.Pauli abbassano la testa e stringono la mano ai tifosi ospiti.
Sugli spalti le due tifoserie (forse) hanno già dimenticato il risultato, ma non dimenticheranno novanta minuti di colpi di scena, lacrime, canti, di sciarpe al cielo, abbracci sinceri. Perché il calcio è bello quando si va allo stadio per tifare da protagonisti e non da clienti, quando la storia del club è una storia collettiva, di tutti, dai giocatori fino ai normalissimi tifosi che abitano la curva, che ogni anno pagano la loro quota annuale per restare soci-proprietari della cooperativa di calcio. Una scommessa che non riguarda solo il “piccolo” S.Pauli ma anche le più blasonate Colonia o Bayern.
Da queste parti non c’è né un Lotito né un qualsivoglia americano interessato solo alle sue tasche che forse non conosce nemmeno il numero dei giocatori in campo, che si sveglia la mattina e decide di cambiare il logo storico di una società. Qui i presidenti sono eletti dai soci, che pertanto hanno sempre e comunque l’ultima parola. Tanto che la “working class” unionista, alcuni anni fa, si rimboccò le maniche e costruì da sola lo stadio gioiello della vecchia Forestale. Soci e tifosi lavorarono gratis per far risparmiare la propria cooperativa e migliorare gli investimenti tecnici e sportivi. Qui i giocatori non sono soltanto star, ma parte integrante della cooperativa. Prima della partita, il capitano dell’Unione, Mattuschka, ci aveva raccontato della similitudine tra i due club, delle comuni origini proletarie e dell’antirazzismo delle tifoserie. A stento riuscivamo a crederci. Un’intensa giornata berlinese ci ha regalato la conferma più bella.